L’epica esperienza del festival di Woodstock

Da genere di nicchia contro cui lottano madri e padri di tutto il mondo occidentale a protagonista delle classifiche musicali, emblema del tempo che cambia: il rock’n’roll e i suoi derivati sono ormai maturi per affermare la propria potenza comunicativa. Dal Monterey Pop Festival del 1967 al 1969, anno in cui si svolge Woodstock, sulla società si abbatte il 1968, la controcultura, gli hippie, la summer of love, il flower power, le comuni di San Francisco, Jack Kerouac e la beat generation, Carnaby Street e la Swinging London, insomma la rivoluzione.

Cosa capissero di tutto ciò le famiglie di quei giovani pronti a spaccare il mondo, non ci è dato saperlo. Quello che invece sappiamo e possiamo vedere è l’oceanica folla di 500.000 persone, affamata di musica, alcol, droghe e sesso, che tra il 15 e il 18 agosto del 1969 invade Bethel, una piccola città nello stato di New York, per il Woodstock Music and Art Fair. Niente sarà più come prima e nessun altro festival si avvicinerà al mito di Woodstock, una manifestazione che andò al di là di ogni aspettativa.

Come non ricordare l’incredibile show di Jimi Hendrix, dal quale è tratto un album dal vivo: il chitarrista statunitense esplose in un’esibizione unica che lo consacrò al mondo e mostrò a tutti il suo talento. Ma sul palco andarono in scena anche i concerti di Joan Baez, di Joe Cocker, di Santana e dei Grateful Dead, che oggi possiamo rivivere grazie al celebre film-documentario.

Woodstock fu inizialmente un fiasco dal punto di vista finanziario, ma il successo inaspettato del festival creò un seguito vivo ancora oggi che lo trasformò in una sorta di brand dall’inesauribile ricchezza economica e non.

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